Licenziamento Impugnazione

LICENZIAMENTO E DIMISSIONI

 

Sito internet curato dall'Avvocato Gianluca Teat

LICENZIAMENTO IMPUGNAZIONE

 

Entro quale termine deve essere impugnato il licenziamento da parte del lavoratore?

 

L’art. 6, comma 1, della Legge n. 604/1966 stabilisce che il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione in forma scritta dello stesso oppure dalla comunicazione (anch’essa in forma scritta) dei motivi qualora non contestuale.

 

Come si deve impugnare il licenziamento?

 

L’art. 6, comma 1, della Legge n. 604/1966 prevede che il dipendente debba impugnare il licenziamento con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la sua volontà. Si consiglia sempre di utilizzare il mezzo classico della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

 

Cosa si deve fare dopo aver impugnato il licenziamento?

 

L’impugnazione diventa inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato (art. 6, comma 2, Legge n. 604/1966).

 

Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, è previsto che il ricorso al giudice debba essere depositato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo (art. 6, comma 2, Legge n. 604/1966).

 

Cos'è l'offerta di conciliazione prevista dal «Jobs Act»?

 

L’art. 6 del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (emanato in attuazione della Legge Delega 10 dicembre 2014, n. 183 -Jobs Act-) ha introdotto l’istituto dell’offerta conciliativa. Il datore di lavoro può offrire al dipendente, entro il termine previsto per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, un importo pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura compresa, in ogni caso, tra le 2 e le 18 mensilità. Il pagamento di tale somma deve avvenire con assegno circolare e innanzi alle sedi conciliative «protette» previste dalla legge (art. 2113, comma 4, c.c. e art. 76 Decreto Legislativo 276/2003) (art. 6, comma 1, Decreto Legislativo n. 23/2015).

 

Cosa comporta l'accettazione dell'offerta di conciliazione sopraindicata?

 

L'accettazione dell'assegno in una di tali sedi da parte del dipendente comporta l'estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione del recesso datoriale anche se già proposta (art. 6, comma 1, Decreto Legislativo n. 23/2015).

 

Cos'è la revoca del licenziamento?

 

Il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione da parte del dipendente (art. 18, comma 10, della Legge n. 300/1970 -Statuto dei Lavoratori- per i vecchi contratti e art. 5, comma 1, del Decreto Legislativo n. 23/2015 per i nuovi contratti rientranti nella sfera di applicazione del «Jobs Act»).

 

Quali sono gli effetti della revoca del licenziamento sul rapporto di lavoro?

 

In tale ipotesi, il contratto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità. Pertanto, il dipendente ha diritto alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca. Al tempo stesso, non si applicano i regimi sanzionatori previsti dall’art. 18 della Legge n. 300/70 (per vecchi contratti di lavoro) né quelli previsti dal Decreto Legislativo n. 23/2015 (per i nuovi contratti di lavoro). Tali regimi sanzionatori sono oggetto di approfondita analisi nelle pagine successive di questo sito e nel Breve Manuale Operativo in Materia di Licenziamenti.

 

Pagina modificata per l'ultima volta in data 1 maggio 2016

 

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