Licenziamento Illegittimo Regimi Sanzionatori Vecchia Disciplina

LICENZIAMENTO E DIMISSIONI

 

Sito internet curato dall'Avvocato Gianluca Teat

LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO REGIMI SANZIONATORI VECCHIA DISCIPLINA

 

Nota introduttiva

 

A causa dell'assenza di un Codice o di una Legge Organica in materia di diritto del lavoro, l'attuale regime sanzionatorio previsto in caso di licenziamenti illegittimi è straordinariamente caotico e complesso da ricostruire. In queste pagine viene fornito uno schema generale, rinviando per tutti i dettagli e per le interpretazioni giurisprudenziali/dottrinali al Breve Manuale Operativo in Materia di Licenziamenti.

 

Ho sentito dire che dopo l'approvazione del «Jobs Act» ci saranno meno tutele in caso di licenziamenti illegittimi. Da cosa dipende l'applicazione della vecchia o della nuova disciplina?

 

L'applicazione della vecchia o della nuova disciplina dipende essenzialmente dalla data di stipulazione del contratto di lavoro.

 

I contratti conclusi prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23/2015) sono sottoposti alla precedente normativa. Quelli stipulati successivamente rientrano, invece, nella sfera di applicazione delle nuove norme in materia di licenziamenti.

 

Qual è il regime sanzionatorio in caso di licenziamento nullo o inefficace (in quanto intimato in forma orale) all'interno della vecchia disciplina (contratti di lavoro stipulati prima del 7 marzo 2015)?

 

In tali casi è prevista la tutela reale piena (art. 18, comma 1, 2, 3 dello Statuto dei Lavoratori). Tale livello di protezione (massimo) si applica indipendentemente dalle dimensioni del datore di lavoro e dal fatto che quest’ultimo sia imprenditore o non imprenditore.

 

Cosa stabilisce il giudice in tali casi?

 

In tali casi, il giudice:

 

1) dichiara la nullità o l’inefficacia del licenziamento a seconda dell’ipotesi;

2) ordina al datore di lavoro (indipendentemente dal numero di dipendenti e dal fatto che si tratti di imprenditore o di non imprenditore) la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro;

3) condanna, inoltre, il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore. La misura di tale risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto. Da tale indennità risarcitoria va dedotto quanto il dipendente ha percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative durante il periodo di estromissione dalla struttura datoriale (aliunde perceptum). Infatti, non è escluso che, dopo il licenziamento e prima della reintegrazione, l’ex dipendente trovi subito un altro impiego presso un altro datore di lavoro che gli garantisce delle nuove entrate.

4) condanna il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore del dipendente dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

 

Il lavoratore potrebbe chiedere al datore, in alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro, e fermo comunque il diritto al risarcimento di cui al punto 3, un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (tecnicamente nota come indennità sostitutiva della reintegrazione). Tale richiesta da parte del lavoratore determina la risoluzione del contratto di lavoro.

 

Qual è il regime sanzionatorio in caso di licenziamento annullabile (assenza di giusta causa, giustificati motivo soggettivo o oggettivo) all'interno della vecchia disciplina (contratti di lavoro stipulati prima del 7 marzo 2015)?

 

In questo caso occorre tracciare una distinzione tra datori di lavoro medio-grandi e medio-piccoli, in quanto il Legislatore parametra il livello di tutela sulla base delle dimensioni della struttura aziendale.

 

Quali sono i datori di lavoro medio-grandi in cui il livello di tutela riconosciuto a favore del dipendente è più elevato in caso di licenziamento illegittimo in quanto annullabile?

 

L’art. 18, commi 8 e 9, dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che il regime di maggior tutela per il dipendente si applica al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che

 

1) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di 15 lavoratori (o più di 5 se imprenditore agricolo);

2) nell’ambito dello stesso comune occupa più di 15 dipendenti (o in caso di impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di 5 dipendenti), anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti;

3) in ogni caso occupa oltre 60 lavoratori.

 

Qual è il regime di tutela nelle realtà medio-grandi come sopra definite in caso di licenziamento illegittimo in quanto annullabile?

 

Il Legislatore ha ritenuto opportuno creare un’ulteriore grande suddivisione tra casi che a cui si applica una forma di tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) e ipotesi soggette a una forma di tutela obbligatoria (meramente risarcitoria) all'interno di questa ipotesi.

 

Casi di tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro):

 

1) non sussistono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa per insussistenza del fatto contestato o perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili (art. 18, comma 4, Statuto dei Lavoratori);

2) manca la giustificazione del licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del dipendente o il licenziamento è stato intimato in violazione delle norme in materia di malattia e infortunio (art. 18, comma 7, Statuto dei Lavoratori);

3) vi è una manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 18, comma 7, Statuto dei Lavoratori).

 

Nelle tre ipotesi sopra menzionate, qualora le dimensioni del datore di lavoro superino quelle indicate in precedenza, si applica il regime della tutela reale previsto dall’art. 18, comma 4, Statuto dei Lavoratori.

 

Cosa stabilisce il giudice in tali ultimi casi?

 

In tali ipotesi, il magistrato:

 

1) annulla il licenziamento;

2) condanna il datore alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro (anche in tali casi la Legge ammette che il lavoratore possa chiedere l’indennità sostitutiva della reintegrazione illustrata in precedenza);

3) condanna il datore di lavoro al versamento di un’indennità risarcitoria parametrata sulla base dell’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. La Legge fissa anche un limite massimo al suo ammontare pari a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto. In tali casi dall’indennità risarcitoria vanno dedotti, per espressa previsione legislativa, sia l’aliunde perceptum (quanto il dipendente ha guadagnato grazie ad altre attività lavorative durante il periodo di estromissione dalla struttura datoriale conseguente al licenziamento) sia l’aliunde percipiendum (quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi diligentemente alla ricerca di una nuova occupazione durante lo stesso periodo) (art. 18, comma 4, Statuto dei Lavoratori).

4) condanna il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

 

Casi di tutela obbligatoria (meramente risarcitoria)

 

In tutte le altre ipotesi in cui non sussista la giusta causa o il giustificato motivo soggettivo od oggettivo (considerate meno gravi dal Legislatore), si applica una semplice tutela di tipo obbligatorio e non reale (sempre che la struttura datoriale superi le dimensioni indicate nel paragrafo precedente).

 

Cosa stabilisce il giudice in tali ultimi casi?

 

In tali casi, il giudice:

 

1) dichiara che il contratto di lavoro è risolto a decorrere dalla data del licenziamento. Pertanto, in tali casi viene esclusa categoricamente la possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro. La sentenza del giudice accerta l’illegittimità del licenziamento (da cui consegue l’obbligazione di pagare l’indennità risarcitoria di cui al successivo punto 2), ma il recesso datoriale continua a produrre effetti e non viene «intaccato» dalla pronuncia del magistrato;

2) condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria (che il Legislatore stesso definisce onnicomprensiva) il cui ammontare deve essere compreso tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. La Legge fissa anche dei parametri per il suo calcolo quali: l’anzianità del lavoratore, il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’attività economica, il comportamento e le condizioni delle parti (art. 18, commi 5 e 7, Statuto dei Lavoratori).

 

Qual è il regime di tutela nelle realtà medio-piccole come sopra definite in caso di licenziamento illegittimo in quanto annullabile?

 

In tali ipotesi esiste un tutela di tipo obbligatorio (meramente risarcitoria) prevista dall’art. 8 della Legge n. 604/1966.

 

Cosa stabilisce il giudice in tali ipotesi?

 

In tali realtà medio-piccole, qualora il licenziamento non sia sorretto da giusta causa o da giustificato motivo, il giudice:

 

1) annulla il licenziamento intimato dal datore di lavoro;

2) condanna quest’ultimo a riassumere il dipendente entro il termine di 3 giorni oppure a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero di dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può venire maggiorata fino a 10 mensilità per il lavoratore con anzianità superiore a 10 anni e fino a 14 mensilità per il lavoratore con anzianità superiore a 20 anni (art. 8 Legge n. 604/1966).

 

Qual è la differenza tra la reintegrazione prevista dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e la riassunzione prevista dall'art. 8 della Legge 604/1966?

 

Nell’ipotesi di reintegrazione non vi è mai stata un’interruzione del rapporto di lavoro, in quanto la sentenza del giudice lo «ricostituisce». La riassunzione, invece, comporta la risoluzione del precedente contratto di lavoro, anche se il licenziamento è stato dichiarato illegittimo. Di conseguenza, con la riassunzione sorge un nuovo rapporto lavorativo.

 

Si rinvia al Breve Manuale Operativo in Materia di Licenziamenti per l'analisi di varie problematiche operative e per tutte le questioni relative al licenziamento inefficace per altri vizi formali/procedurali. Infatti, tale delicata materia diventa ancora più complessa e non è più schematizzabile quando si sale a un livello di analisi più dettagliata.

 

Pagina modificata per l'ultima volta in data 1 maggio 2016

 

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