LICENZIAMENTO E DIMISSIONI
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LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO REGIMI SANZIONATORI NUOVA DISCIPLINA
A quali contratti di lavoro si applica la nuova disciplina in materia di licenziamenti?
Si applica ai contratti di lavoro stipulati a partire dal 7 marzo 2015 in poi (l’art. 1 del Decreto Legislativo n. 23/2015).
Qual è il regime sanzionatorio in caso di licenziamento nullo od orale oppure intimato in difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore all’interno della nuova disciplina (contratti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015)?
L’art. 2 del Decreto Legislativo n. 23/2015 prevede la più ampia tutela reale in casi di questo tipo.
Cosa stabilisce il giudice in tali casi?
Nei casi sopraindicati, il giudice:
1) dichiara la nullità o l’inefficacia del licenziamento oppure lo annulla per difetto di giustificazione per motivi consistenti nella disabilità fisica o psichica del lavoratore a seconda dell’ipotesi che viene in rilievo;
2) ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro;
3) condanna, inoltre, il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal dipendente, stabilendo un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. La misura di tale risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Anche in tali casi da tale indennità di cui al punto 3 va dedotto quanto il dipendente ha percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative durante il periodo di estromissione dall’organizzazione datoriale (aliunde perceptum);
4) condanna, inoltre, il datore di lavoro, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (art. 2 del Decreto Legislativo n. 23/2015).
Fermo il diritto al risarcimento del danno, è riconosciuta al dipendente la facoltà di domandare l’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro (pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR). Tale richiesta comporta la risoluzione del rapporto di lavoro.
Qual è il regime sanzionatorio in caso di licenziamento annullabile (assenza di giusta causa, giustificati motivo soggettivo o oggettivo) all'interno della nuova disciplina (contratti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015)?
Anche in questo caso occorre tracciare una distinzione tra datori di lavoro medio-grandi e medio-piccoli, in quanto il Legislatore parametra il livello di tutela sulla base delle dimensioni della struttura aziendale.
Quali sono i datori di lavoro medio-grandi in cui il livello di tutela riconosciuto a favore del dipendente è più elevato in caso di licenziamento illegittimo in quanto annullabile?
Sono gli stessi di quelli indicati nella pagina precedente (i parametri sono qui riportati nuovamente per velocità di consultazione).
L’art. 18, commi 8 e 9, dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che il regime di maggior tutela per il dipendente si applica al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che
1) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di 15 lavoratori (o più di 5 se imprenditore agricolo);
2) nell’ambito dello stesso comune occupa più di 15 dipendenti (o in caso di impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di 5 dipendenti), anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti;
3) in ogni caso occupa oltre 60 lavoratori.
Qual è il regime di tutela nelle realtà medio-grandi come sopra definite in caso di licenziamento illegittimo in quanto annullabile?
Il Legislatore ha ritenuto opportuno creare un’ulteriore grande suddivisione tra casi che a cui si applica una forma di tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) e ipotesi soggette a una forma di tutela obbligatoria (meramente risarcitoria) all'interno di questa ipotesi.
Casi di tutela obbligatoria (meramente risarcitoria)
Qualora il giudice accerti che non sussistono gli estremi per intimare il licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo od oggettivo, si applicherà una semplice tutela meramente obbligatoria.
Cosa stabilisce il giudice in tali ultimi casi?
In tali casi, il giudice:
1) dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento (pertanto, benché il licenziamento intimato dal datore in tali casi sia illegittimo, non viene annullato con una sentenza costitutiva, ma il giudice dichiara che il contratto ha cessato di produrre effetti dalla data del recesso datoriale);
2) condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità (art. 3, comma 1, Decreto Legislativo n. 23/2015).
Casi di tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro)
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al dipendente, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, viene prevista una forma di tutela reale.
Cosa stabilisce il giudice in tali casi?
In tali casi, il giudice:
1) annulla il licenziamento;
2) condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro;
3) condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. Anche da tale somma vanno dedotti l’aliunde perceptum e l’aliunde percipiendum come illustrato precedentemente. Tale indennità non può essere superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR;
4) condanna il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva (art. 3, comma 2, Decreto Legislativo n. 23/2015).
Al lavoratore è comunque riconosciuta la facoltà di chiedere l’indennità sostitutiva della reintegrazione (art. 3, comma 2, Decreto Legislativo n. 23/2015).
Nota con riferimento al licenziamento per giustificato motivo oggettivo
In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il Decreto Legislativo n. 23/2015 prevede unicamente la tutela di tipo obbligatorio descritta qui sopra e viene esclusa radicalmente la possibilità di reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro. Inoltre, in tali ipotesi non si applica nemmeno la procedura prevista dall’art. 7 della Legge n. 604/1966 che richiede il coinvolgimento delle Direzioni Territoriali del Lavoro (si vedano le pagine precedenti del presente sito per la descrizione di tale procedura) (art. 3, commi 1 e 3, Decreto Legislativo n. 23/2015).
Qual è il regime di tutela nelle realtà medio-piccole come sopra definite in caso di licenziamento illegittimo all'interno della nuova disciplina (contratti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015)?
Il Decreto Legislativo n. 23/2015 prevede una specifica disposizione alle strutture datoriali che non superano i requisiti dimensionali indicati in precedenza (art. 9, comma 1, Decreto Legislativo n. 23/2015). Di conseguenza, appare opportuna una trattazione unitaria del regime sanzionatorio previsto in caso di recesso datoriale in tali realtà medio-piccole.
Qual è il regime sanzionatorio in caso di licenziamento nullo od orale all’interno della nuova disciplina (contratti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015) nelle realtà medio-piccole?
In caso di licenziamenti nulli o intimati in forma orale si applica la tutela reale di cui all’art. 2 del Decreto Legislativo n. 23/2015 e ampiamente descritta in precedenza.
Qual è il regime sanzionatorio in caso di licenziamento annullabile (assenza di giusta causa, giustificati motivo soggettivo o oggettivo) oppure di licenziamento inefficace (per vizi di forma/procedura) all'interno della nuova disciplina (contratti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015) nelle realtà medio-piccole?
In caso di licenziamenti ingiustificati (quelli che storicamente avevano come conseguenza l’annullabilità), l’art. 9, comma 1, del Decreto Legislativo n. 23/2015 esclude l’applicazione della tutela reale e prevede il semplice pagamento di un’indennità risarcitoria. Similmente, è stabilita una tutela unicamente monetaria anche nell’ipotesi di licenziamenti che presentano vizi di procedura (casi che storicamente rientravano all’interno del vizio dell’inefficacia).
Cosa stabilisce il giudice in tali ipotesi?
In tali ipotesi, il giudice:
1) dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento;
2) in caso di licenziamento ingiustificato (senza giusta causa o giustificato motivo), condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, con un ammontare massimo inderogabile non superiore a 6 mensilità (non esiste, pertanto, più l’alternativa tra riassunzione o risarcimento del danno come prescrive l’art. 8 della Legge n. 604/1966 per i contratti soggetti alla vecchia disciplina in caso di datori di lavoro medio-piccoli);
3) in caso di licenziamento per vizi di procedura quali il difetto di motivazione (art. 2, comma 2, Legge n. 604/1966) o per violazione dell’iter previsto per i licenziamenti disciplinari (art. 7 dello Statuto dei Lavoratori), condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità di importo pari a mezza mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, con un limite massimo fissato dalla Legge pari a 6 mensilità (art. 9, comma 1, Decreto Legislativo n. 23/2015).
Il Decreto Legislativo n. 23/2015 (che prevede il nuovo regime dei licenziamenti) si applica anche al pubblico impiego «privatizzato»?
Attualmente sull’argomento esiste un dibattito tra gli autori e non si è sviluppato un solo indirizzo interpretativo univoco e definitivo. Non esistendo un orientamento certo e un’interpretazione univoca, sarebbe pertanto opportuno che il Legislatore stesso chiarisse al più presto questo legittimo dubbio con una specifica disposizione di legge.
Si rinvia per ogni questione interpretativa, per gli orientamenti giurisprudenziali e, più in generale, per ulteriori approfondimenti al Breve Manuale Operativo in Materia di Licenziamenti.
Pagina modificata per l'ultima volta in data 1 maggio 2016