LICENZIAMENTO E DIMISSIONI
Sito internet curato dall'Avvocato Gianluca Teat
DIMISSIONI
Cosa sono?
Le dimissioni sono l’atto con cui il lavoratore recede unilateralmente dal contratto di lavoro.
Qual è la differenza tra dimissioni e licenziamento?
Il licenziamento è l'atto unilaterale con cui il datore di lavoro (non il dipendente) recede dal contratto di lavoro. Dunque, in estema sintesi: il datore di lavoro licenzia mentre il lavoratore si dimette.
Grande differenza tra dimissioni e licenziamento: principio del recesso libero (cioè non servono motivi) per rassegnare le dimissioni mentre, in caso di licenziamento, è prevista una disciplina articolata e minuziosa con un obbligo di motivazione per licenziare la quasi totalità dei lavoratori dipendenti
Se il licenziamento del dipendente da parte del datore è minuziosamente disciplinato dalla legge attraverso una normativa complessa e stratificata nel corso dei decenni, in materia di dimissioni vige il principio del recesso libero (artt. 2118 e 2119 c.c.). Ciò vuol dire che il dipendente può liberamente decidere di «por fine» al rapporto di lavoro senza dover indicare i motivi o seguire procedure particolarmente lunghe e complesse.
Dimissioni da parte del dipendente in caso di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o a tempo indeterminato: giusta causa e obbligo di preavviso
Se il contratto di lavoro è a tempo determinato, il lavoratore può rassegnare le dimissioni in ogni momento solamente nel caso in cui sussista una giusta causa, altrimenti potrà essere chiamato a risarcire il danno che il proprio recesso ante tempus ha causato al datore di lavoro.
Se il contratto di lavoro è a tempo indeterminato, il lavoratore può dimettersi senza dover indicare alcun motivo e con l’unico limite del periodo di preavviso della durata indicata dal contratto collettivo, salvo la ricorrenza di una giusta causa. In quest’ultimo caso, infatti, non sussiste nemmeno l’obbligo di preavviso.
Cos’è la giusta causa?
L’art. 2119 c.c. la definisce come «una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto». Dunque, si tratta di un fatto o più fatti estremamente gravi che minano alla base il rapporto fiduciario che deve sussistere tra datore e lavoratore. Esempi di dimissioni per giusta causa possono essere rappresentati dal caso della dipendente costretta a dimettersi per sottrarsi alle «attenzioni sessuali indesiderate» del datore di lavoro oppure nell’ipotesi di mobbing.
Come si presentano le dimissioni?
Dal 12 marzo 2016 i lavoratori devono presentare le dimissioni con modalità on-line e non più in forma cartacea (Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015 in base alla previsione del Decreto Legislativo n. 151/2015). La riforma riguarda i lavoratori del settore privato e non i dipendenti pubblici.
Pertanto, oggi il lavoratore può alternativamente inviare il modulo tematico personalmente (con PIN dell'INPS) oppure rivolgersi a un soggetto abilitato (CAF, patronati, sindacati ecc). Vista la complessità tecnica, si consiglia vivamente di seguire la seconda strada. Si rinvia ai siti istituzionali per tutti i dettagli operativi.
In questa sede, si ricorda unicamente l'aspetto più importante: è possibile annullare la sopra descritta procedura telematica. Infatti, il modello on-line salvato sarà associato a un codice identificativo e alla marca temporale. Tali dati verranno richiesti nel caso in cui si dovesse decidere di revocare le dimissioni o (la risoluzione consensuale) già inoltrate entro il termine di 7 giorni dalla comunicazione.
CONSIGLI «MACHIAVELLICI» IN MATERIA DI DIMISSIONI
Se siete giunti fin qui trovando questo sito su Google, su Bing o su altri motori di ricerca, ciò significa, con tutta probabilità, che voi stessi, un vostro caro, un vostro amico o un vostro dipendente ha intenzione di dimettersi e di lasciare l'attuale posto di lavoro. E' molto probabile che cerchiate anche dei consigli operativi e delle «dritte» che i siti istituzionali o quelli degli avvocati non riportano, limitandosi a una pedissequa e noiosa ripetizione delle norme vigenti.
Le due categorie socio-economiche di lavoratori che si dimettono
Personalmente, divido coloro che «accarezzano» l'idea delle dimissioni in due categorie di tipo socio-economico:
1) lavoratori con prospettiva di reddito futuro certo (dipendenti prossimi al pensionamento, dipendenti che hanno già trovato un altro lavoro oppure dipendenti che possono comunque contare su rendite sicure -immobiliari, mobiliari ecc-).
Tale categoria non ha, a livello socio-economico, dei grossi problemi. Tuttavia, è opportuno fornire un consiglio ai dipendenti che hanno trovato un altro impiego: prima di rassegnare le dimissioni assicuratevi che il nuovo datore di lavoro abbia già sottoscritto un contratto preliminare di lavoro o, quanto meno, una lettera di intenti. Non fidatevi delle promesse orali di future assunzioni, anche se provenienti da amici fidati (capita spesso nelle piccole realtà locali!). Rischiate di rassegnare le dimissioni e di rimanere con nulla in mano!
2) dipendenti senza prospettiva di reddito futuro certo. A parte i lavoratori più idealisti e alternativi che dicono: «Mollo tutto e vado in giro per il mondo! Sarà quel che sarà!», un gran numero di dipendenti è spinto a rassegnare le dimissioni a causa delle pressioni del datore di lavoro attuate sotto forma di mobbing (trasferimenti arbitrari, eccesso di carico di lavoro, atteggiamenti prepotenti vari ecc). Il fenomeno è in continuo aumento.
Cosa succede a livello socio-economico nei casi di cui al punto 2?
Quando un lavoratore diventa «sgradito» in azienda (non necessariamente per le sua svogliatezza o scarsa capacità lavorativa o per cambi aziendali di tipo strutturale, ma con sempre maggiore frequenza anche a causa della sua onestà morale e intellettuale), tale soggetto viene sovente inserito in un «binario morto», ovverosia gli viene precluso qualsiasi avanzamento di carriera. Spesso iniziano anche gli atteggiamenti prevaricatori per forzarlo a rassegnare le dimissioni.
Perché in tali ultime ipotesi il datore di lavoro datore di lavoro spera che il dipendente rassegni le dimissioni?
Il datore di lavoro «sogna» le dimissioni del lavoratore per un semplice motivo: se quest'ultimo rassegna le dimissioni, non si applicheranno le norme in materia di licenziamenti illegittimi. Pertanto, il datore di lavoro non rischierà di dovere reintegrare il dipendente nel posto di lavoro o di risarcirgli i danni (a seconda dei casi che verranno analizzati nelle pagine successive di questo sito).
Sul punto si rinvia alla pagina successiva DIMISSIONI E MOBBING in cui tale problematica viene affrontata in maniera dettagliata.
Pagina modificata per l'ultima volta in data 1 maggio 2016