Dimissioni e Mobbing

LICENZIAMENTO E DIMISSIONI

 

Sito internet curato dall'Avvocato Gianluca Teat

DIMISSIONI E MOBBING

 

Il caso del mobbing finalizzato alle dimissioni: dinamiche psicologiche

 

Lo scopo di tale condotta del datore di lavoro è uno solo: far sì che il lavoratore percepisca le dimissioni come l'unica via che conduce alla liberazione da quella sofferenza psicologica continua che è il mobbing, evitando così alla radice i rischi, in termini di tempi e costi, che presenta un licenziamento.

 

Come comportarsi in caso di mobbing finalizzato alle dimissioni

 

Siccome le possibilità di trovare oggi un altro lavoro sono scarse e richiedono tempo, l'unica possibilità è prepararsi con forza morale e intellettuale a resistere per un lungo periodo (fino a quando non avrete un'alternativa lavorativa certa).

 

Resistere non in modo masochistico, ma con lucida intelligenza e ferma volontà! Ricordate il seguente fatto: il licenziamento è sempre una spada di Damocle che pende sul capo del datore di lavoro in questi casi. Se il datore di lavoro si rende conto che non rassegnerete mai le dimissioni a causa del mobbing e siete pronti a resistere combattendo «casa per casa» come durante i gradi assedi della storia, è possibile che «si ritiri» e che cessi la condotta persecutoria. Infatti, più pesante e prolungato è il mobbing, più facile diventa, in genere, dimostrarlo in giudizio (in una causa da voi iniziata) e, al tempo stesso, più problematico diviene intimare il licenziamento per il datore di lavoro, in quanto l'illegittimità dello stesso appare in modo sempre più evidente. In altre parole, il mobbing rischia di ritorcesi contro il datore di lavoro! A quel punto, è possibile anche addivenire a una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (con pagamento però di un congruo incentivo all'esodo).

 

Più in dettaglio: cosa fare e cosa non fare in caso di mobbing finalizzato alle dimissioni

 

Il rimedio è, come sempre, un atteggiamento tosto: far capire chiaramente al datore di lavoro che le sue pressioni si infrangeranno come vetro sull'acciaio, stringere alleanze con i colleghi, prendere contatti con i sindacalisti più onesti, attivi e combattivi (vi ricordo che ormai molti sindacalisti sono ampiamente «cooptati» dai datori di lavoro, ma rimangono, per fortuna, ancora diversi elementi validi) e con un avvocato che sappia onestamente, ma machiavellicamente, gestire la situazione nel vostro interesse. Cercate, anche su internet, persone nella stessa situazione socio-economica che subiscono il mobbing. L'unione fa la forza e lo scambio di esperienze aiuta!

 

In genere, diffidare da psicologi, life coach e da coloro che chiedono compensi professionali per conversazioni che si possono fare gratuitamente con gli amici. Tali soggetti inducono sovente al pessimismo e al vittimismo e vi ascolteranno e asseconderanno, in quanto così sarà più facile per loro riscuotere i pagamenti! Non sono tutti così, ma c'è sempre il rischio. Lasciate stare anche quei medici che vi suggeriranno gli psicofarmaci che vi «friggeranno» alla lunga il cervello per garantire le rendite dell'industria farmaceutica! Andate a correre, andate in palestra e non arrendetevi mai. Nessuno vi aiuterà se non voi stessi e i veri amici!

 

Infine, attenzione anche agli avvocati! I legali che aprioristicamente «sparano» subito una «cause per mobbing» sono i più preoccupanti, specialmente quando richiedono congrui acconti. Il mobbing va provato in giudizio e non è facile. Ve lo assicuro! Inoltre, il mobbing deve realizzarsi attraverso condotte prolungate nel tempo. Non basta un singolo episodio! Cause di mobbing non dimostrabili o per episodi occasionali e secondari rischiano solamente di mettervi in cattiva luce davanti al giudice e di ritorcersi contro di voi.

 

Dimissioni per giusta causa a causa del mobbing e NASPI

 

Un altro motivo per cui è sconsigliabile (da un punto di vista socio-economico) rassegnare le dimissioni (salvo i casi in cui esiste già la prospettiva di un nuovo lavoro, della pensione o di rendite di altro tipo) è dato dal seguente fatto: i lavoratori che si sono dimessi volontariamente non hanno diritto alla NASPI (Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego).

 

E' vero che, in caso di dimissioni per giusta causa, si è in presenza di ipotesi di disoccupazione involontaria e, pertanto, la NASPI è formalmente riconosciuta. Tuttavia, esiste un problema pratico-operativo: siete voi a dover provare che vi siete dimessi per giusta causa. In altre parole, nei casi sopra menzionati di mobbing finalizzato alle dimissioni, dovete dimostrare voi che vi siete dimessi per giusta causa in quanto subivate il mobbing. Credete che sia facile? Credete che esista un datore di lavoro che dichiari di avervi sottoposto a mobbing in quanto voleva spingervi a rassegnare le dimissioni? Pertanto, se rassegnate le dimissioni a causa del mobbing, rischiate seriamente di perdere anche la NASPI, nonostante le norme e le circolari INPS affermino il contrario (ma a livello astratto).

 

Sul punto si rinvia alle pagine successive, in cui il rapporto tra dimissioni, risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e NASPI verrà illustrato dettagliatamente, anche con riferimento ai casi di dimissioni per giusta causa.

 

Pagina modificata per l'ultima volta in data 1 maggio 2016

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