LICENZIAMENTO E DIMISSIONI
Sito internet curato dall'Avvocato Gianluca Teat
LICENZIAMENTO GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
Inquadramento sistematico
L'assenza di giusta causa, di giustificato motivo soggettivo o di giustificato motivo oggettivo rendono il licenziamento annullabile (non radicalmente nullo). A ciò corrisponde un regime sanzionatorio diverso rispetto a quello previsto per la nullità (che verrà analizzato nelle pagine successivo del presente sito).
In quali casi può essere intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere intimato per «ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa». Tale nozione è legislativamente prevista all’art. 3 della storica Legge n. 604/1966.
Pertanto, siamo in presenza di un licenziamento intimato per due grandi ordini di ragioni:
1) particolari esigenze aziendali che richiedono la soppressione di un posto di lavoro (ad esempio un calo di commesse o una ristrutturazione aziendale);
2) situazioni personali riferibili alla persona del lavoratore che non costituiscono però una forma di inadempimento imputabile a quest’ultimo (ad esempio una sopravvenuta inidoneità psicofisica del dipendente a svolgere le sue mansioni).
Procedura da seguire
Prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro che superi le dimensioni indicate dal comma 8 dell’art. 18 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) deve avviare una speciale procedura prevista dall’art 7 della Legge n. 604/1966 (introdotta dalla Riforma Fornero -Legge n. 92/2012-). Tale iter procedurale non si applica nel caso dei nuovi contratti di lavoro sottoposti alla disciplina del «Jobs Act». Si rinvia alla pagina LICENZIAMENTO ASPETTI PROCEDURALI del presente sito per tutti i dettagli in materia.
Cos'è l’obbligo di repêchage (letteralmente ripescaggio)?
In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro deve dimostrare di non poter adibire il dipendente ad altre mansioni (equivalenti) all'interno della struttura aziendale. In parole più semplici: deve provare di non poterlo «ripescare».
Più in dettaglio: l’obbligo di repêchage (letteralmente ripescaggio) è un concetto di derivazione giurisprudenziale. Tale nozione è strettamente correlata all’art. 5 della Legge n. 604/1966 in base al quale «l’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro».
Nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro deve provare l'esistenza delle ragioni di carattere produttivo-organizzativo indicate nell’atto di recesso e il loro legame causale con la posizione del dipendente licenziato. In riferimento a tali casi, la giurisprudenza ha elaborato la nozione di repêchage, ovverosia il datore di lavoro deve anche dimostrare di non essere in grado di impiegare il dipendente adibendolo ad altre mansioni (equivalenti) all’interno della propria struttura.
Esempio di repêchage-ripescaggio
Chiariamo tale complesso concetto con un esempio.
Ipotizziamo che esista un’impresa di trasporto urbano presso la quale lavorano 400 autisti, 15 controllori, 10 meccanici e 40 impiegati. Un’autista, a causa di una notevole riduzione della vista dovuta a un intervento chirurgico, non ottiene il rinnovo della patente. Al fine di poter procedere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro deve dimostrare di non essere in grado di «reimpiegare» l’autista (obbligo di repêchage-ripescaggio) all’interno della propria struttura, assegnandogli altre mansioni equivalenti come, ad esempio, quelle di controllore. Tale impossibilità deve essere motivata da ragioni collegate alla struttura tecnico/organizzativa dell’azienda e/o allo stato di salute/curriculum professionale del dipendente.
In un’impresa di simili dimensioni con centinaia di dipendenti e in presenza di un patologia della vista non grave, è sicuramente possibile adibire l’autista a mansioni compatibili con il suo stato di salute (ad esempio come controllore). Al contrario, in una piccola impresa con pochi dipendenti, tale possibilità appare più remota.
Il datore di lavoro è tenuto a modificare la propria struttura organizzativa o tecnico-produttiva al fine di evitare il licenziamento del dipendente per giustificato motivo oggettivo?
No, il datore di lavoro non è tenuto a modificare la propria struttura organizzativa o tecnico-produttiva al fine di evitare il licenziamento, creando, ad esempio, una nuova posizione lavorativa ad hoc per il dipendente. E' sufficiente che dimostri di non poter ricollocare il lavoratore da licenziare all'interno della struttura già esistente.
Il datore di lavoro può demansionare il lavoratore al fine di evitare di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
Sì, ma è necessario il consenso del lavoratore. La giurisprudenza ormai da anni ammette pacificamente la validità del cosiddetto «patto di demansionamento» tra datore e lavoratore al fine di evitare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (tra le numerose pronunce si veda Cass. n. 2375/2005). Di conseguenza, è ammissibile demansionare un dipendente (con il suo consenso) qualora ciò sia necessario a evitare il licenziamento.
Tale filone interpretativo oggi è rafforzato dal testo del nuovo art. 2103 c.c. (come modificato dal Decreto Legislativo n. 81/2015) che ammette il demansionamento entro certi limiti.
Pagina modificata per l'ultima volta in data 1 maggio 2016